CAPITOLO IV
Durante
quell'ultimo giorno aveva passato molto tempo nella tenda di Naaria,
esercitandosi per riconoscere ed entrare in contatto con il tipo di
magia dei guaritori.
Non
era stata una cosa facile, dato che era così diversa dalla sua, però
al tramonto finalmente era riuscita nel suo intento e ora poteva
percepire la loro presenza.
Naaria
le era stata vicina per tutto il tempo, incoraggiandola.
In
quel momento la stava aiutando ad indossare l'armatura di Grinaria;
una lega composta da una parte di Krell, un metallo molto resistente
che fuoriusciva dai vulcani della zona di Pandaria, e due parti di
Dorianite, un minerale che poteva essere lavorato solo con la magia.
Questa lega era molto leggera e al contempo resistente agli attacchi
fisici; difficile da realizzare e reperire veniva utilizzata
solamente dai maghi.
Era
la prima volta che la indossava. A differenza degli altri
combattenti, loro non erano particolarmente forti ne resistenti, per
questo le usavano per proteggersi dagli attacchi ravvicinati.
Voltandosi,
Amor si vide riflessa nello specchio. Aveva i tratti e le fattezze di
un'elfa comune; capelli lunghi e castani, che le scendevano oltre le
spalle, un viso ovale senza segni particolari, ciglia regolari, occhi
marroni e una piccola bocca rosa. Aveva una carnagione chiara, ma le
sue guance in quel momento erano colorate da un leggero rossore.
Il
suo corpo snello, ma non particolarmente aitante, era avvolto
nell'armatura, che sembrava le fosse stata stampata addosso. Un'altra
caratteristica della Grinaria era il modellarsi perfettamente sulla
figura di chi la indossava come se fosse una seconda pelle.
“Ti
dona”, scherzò Naaria.
Amor
non riusciva a parlare, l'ansia e il panico stavano di nuovo
prendendo il sopravvento su di lei.
Da
lì a poche ore sarebbero partiti per il luogo dove si sarebbe svolta
la battaglia.
Simir,
Anter e Pain si erano messi in viaggio subito dopo che gli aveva
svelato la sua idea e tutti i preparativi erano stati portati a
termine.
Il
drago che l'avrebbe protetta era già sul posto ad esaminare il
terreno. Da quello che Amor sapeva, era il miglior allievo di Ragul,
e anche se era di dimensioni più piccole aveva comunque bisogno di
spazio per potersi trasformare all'evenienza, senza rischiare di
disturbarla.
I
guaritori sarebbero partiti appena tutti i feriti della battaglia
precedente fossero stati messi al sicuro. Purtroppo nessuno sarebbe
potuto rimanere con loro, così i feriti più lievi si sarebbero
presi cura di quelli più gravi finché la battaglia non fosse
finita. Non potevano fare diversamente.
Naaria
invece sarebbe rimasta con Amor più a lungo, per sostenerla. Su
questo era stata irremovibile. Non voleva lasciarla sola in quel
momento, e gliene era grata.
Asplie
le raggiunse un'ora dopo il tramonto. I preparativi per la partenza
erano ultimati.
L'arciera
avrebbe preso in consegna i guaritori e li avrebbe condotti nella
caverna dove sarebbero rimasti in attesa, mentre Athlon, Ragul e
Mastat avrebbero portato il grosso delle forze sul terreno prescelto.
“Naaria,
non ti preoccupare per i tuoi guaritori, ci penserò io a farli
rigare dritti finché non li raggiungerai”, disse Asplie
sorridendole per poi rivolgersi ad Amor “Crediamo tutti in te. In
bocca al lupo, e metticela tutta”, la incoraggiò mentre uscivano
dalla tenda e detto questo l'abbracciò leggermente e corse via.
“Grazie”,
sussurrò Amor, anche se era sicura che ormai non potesse più
sentirla.
Mentre
la stava abbracciando l'arciera, le aveva infilato velocemente un
pugnale nella cintura. Nessuno a parte lei si era preso la briga di
darle un'arma e Amor fu internamente felice di quel gesto. Quella
semplice presenza la faceva sentire stranamente più sicura, anche se
in vita sua non aveva mai maneggiato nessun tipo di arma.
“Forza
Amor, andiamo da Athlon”, Naaria la precedette e si diresse verso
la parte sud dell'accampamento.
“Se
ne sono già andati tutti?”, mentre sfilavano tra le tende, Amor
notò che la maggior parte dei fuochi erano stati spenti, ma le tende
erano state lasciate al loro posto.
“L'accampamento
è completamente deserto, però Mastat ha proposto di lasciare le
tende e un piccolo gruppo a tenere accesi i fuochi dove dovrebbero
trovarsi le sentinelle, cosicché se qualche nemico sfuggisse ad
Anter o Pain, verrebbe ingannato temporaneamente, credendoci ancora
tranquilli e addormentati”, infatti non fu una sorpresa quando dopo
pochi passi incontrarono due elfi che tenevano acceso un fuoco.
Ormai
erano arrivate al limitare dell'accampamento.
Amor
si accorse che in lontananza c'era qualcosa di strano. Qualcosa
oscurava completamente il paesaggio a nord. Anche se prima che
sorgesse la luna sarebbe passato ancora molto tempo, lei aveva una
buona vista, ma non riusciva a capire cosa le bloccasse la visuale.
Avvicinandosi
sempre di più si rese conto di cosa si trattasse. L'esercito era
schierato per la partenza.
Amor
e Naaria cominciarono ad avanzare tra le file di elfi che erano
allineati in attesa e si diressero sempre più a nord.
Amor
si sentiva osservata.
“Stai
tranquilla, sono solo curiosi. Sono stati messi a parte del piano,
capiscono quanto la tua presenza sia importante”, Naaria cercava di
incoraggiarla e di non farle pesare gli sguardi che si sentiva
addosso.
“Già.
Spero solo di non deludere tutti, e di non dovermi macchiare del
sangue di tutte queste persone”, l'ansia stava aumentando, ed era
ormai percepibile nella sua voce.
“Amor
ne abbiamo già parlato, devi liberarti da questi pensieri, non ti
sono utili, e anzi, ti distraggono.”
“Lo
so, ma cerca di capirmi. Io non sono un grande mago. Questa è la
prima vera battaglia che sono chiamata a combattere, e per di più ho
un compito così importante e sopra le mie capacità”, disse,
mentre sentiva gli occhi riempirsi di lacrime.
“So
che è dura. Ma tu sei la nostra unica opportunità. Se non fossi
stata con noi, a quest'ora saremmo in preda al panico e non avremmo
nessuna possibilità”, Naaria si girò lanciandole un'occhiata
rassicurante. Ma non si fermò e non rallentò.
“Già,
bella speranza sono per voi. Una maga mediocre mandata via dal
Palazzo dei Maghi”, sentiva che tra poco le lacrime sarebbero
traboccate.
“Perché
invece non provi a prendere in considerazione l'idea che Drevion ti
abbia mandata con noi proprio pensando che forse un mago ci sarebbe
stato utile?”, Naaria stava cercando in tutte le maniere di
risollevarle il morale, questo lei lo capiva.
“Già,
e allora perché non ha mandato Visel? E' molto più forte e
preparato di me”, ribatté mettendosi una mano sul punto dove il
tatuaggio dei maghi le ricordava il suo status.
“Solo
Drevion sa il perché delle sue decisioni. Io purtroppo posso solo
fare congetture, che in questo momento non servirebbero a nulla. Devi
concentrarti sul tuo compito. Io ti sarò vicina e ti sosterrò.
Prova a focalizzarti solo su questo, se può aiutarti ad avere un po'
più di fiducia. E ricorda le mie parole. Io credo in te, e sono
sicura che ce la farai”, la guaritrice rallentò il passo e si mise
al suo fianco.
Amor
finalmente ricacciò le lacrime e alzò la testa, sfidando gli
sguardi degli elfi che le si trovavano vicino.
Dopo
circa dieci minuti arrivarono alla testa dell'esercito e Naaria si
diresse verso Athlon e Ragul.
“Eccole
finalmente. Bene siamo pronti”, il drago sembrava impaziente di
partire.
“Amor
vieni qui, voglio che durante la marcia tu stia tra me e Ragul,
Naaria ti potrà stare dietro, e i miei ragazzi ci copriranno; la
prudenza non è mai troppa. Anche se Anter e Pain stanno facendo un
ottimo lavoro non è detto che qualche nemico non gli sia sfuggito”,
Athlon sembrava fin troppo protettivo nei suoi confronti, e questo
lei non riusciva a capirlo.
“Già,
non possiamo far correre rischi alla nostra arma segreta”, Ragul le
strizzo l'occhio sorridendo. Era la prima volta che lo vedeva
sorridere. Durante la riunione era rimasto serio e nervoso per tutto
il tempo e aveva pensato che fosse perché non avevano ancora trovato
un modo per proteggere i suoi draghi.
“Spero
solo di non deludere tutti voi!”, si sfogò non riuscendo a
trattenere oltre quelle parole.
Ragul
le si fece vicino. Incombeva sopra di lei, alto come una montagna.
“Spero bene per te che tu non fallisca”, le intimò guardandola
in cagnesco.
Amor
si sentì pietrificare. Se avesse fallito come sarebbe sopravvissuta
a un bestione del genere?
Il
drago scoppiò a ridere. Una risata forte e tonante che riecheggiò
intorno a loro prima che qualcosa lo colpisse, e lo costringesse a
piegarsi a metà.
Anter
gli era apparso vicino.
“E
così, mi allontano per un'ora e tu ti metti a fare il gradasso con
le fanciulle?”
Ragul
si rialzò e si girò cercando di colpire l'elfo appena arrivato.
Questi schivò il colpo e saltò dall'altra parte.
“Smettila
di fuggire e affrontami!”, ringhiò Ragul.
“Piantatela!”,
ordinò Athlon, mettendosi in mezzo a loro.
Amor
era ancora pietrificata per ciò che le aveva detto Ragul.
Anter
le scivolò vicino, schivando un altro cazzotto di Ragul. “Non
dargli retta, ha poco senso dell'umorismo. Quello che ti ha detto era
solo per prenderti in giro. Pessimo scherzo e per di più riuscito
male, vedi che l'hai spaventata?”, e nel dirlo si girò verso Ragul
indicandola e mostrando che era bianca come un cadavere.
“Amor
ti chiedo scusa, non era mia intenzione”, Ragul sembrava
mortificato, anche se stava continuando a guardare in cagnesco
l'esploratore.
“Siete
due poveri scemi!”, li apostrofò Naaria andandole vicino.
“Ora
smettiamola con i giochi. Anter la strada è libera?”, Athlon
continuava a tenere lontani i due elfi.
In
quel momento Amor scoppiò a ridere. Lo shock iniziale era scomparso
portandosi via tutta la tensione che l'attanagliava.
Athlon
si girò verso di lei.
“Vedo
che alla fine, il pessimo scherzo di Ragul è servito a distenderti”,
le sorrise a sua volta.
La
maga non riusciva a riprendere fiato, era piegata in due dalle
risate.
“Visto
moccioso? Il mio intento era proprio questo”, Ragul scoppiò a
ridere menando una pacca sulla schiena di Anter, che stavolta non
riuscì a schivare.
Tossendo,
l'esploratore si avvicinò ad Athlon e gli comunicò che la strada
era libera e potevano partire. Detto questo scomparve continuando a
tossire.
“Bene,
andiamo.”
La
marcia fu più lunga di quello che Amor aveva pensato. Lasciato
l'accampamento si erano diretti verso est. Era riuscita a calmare
l'eccesso di risa solo dopo cinque minuti buoni, e si era ritrovata
completamente senza fiato.
Come
le era stato detto si era messa tra Athlon e Ragul, e appena era
riuscita e riprendersi si era rivolta allo spadaccino. “Puoi
indicarmi chi saranno gli elfi incursori? Ho bisogno di riconoscerli,
così che quando saremo arrivati sarò già pronta a lanciare gli
scudi.”
“Certo,
hai ragione. E' presto detto, gli incursori che dovrai proteggere
sono gli elfi che ci circondano.”
Amor
si diede un'occhiata intorno. Non si era resa conto che loro quattro
erano stati circondati da venticinque figure. Il resto dell'esercito
era dietro di loro.
Concentrandosi
lanciò piccoli tentacoli di magia verso gli incursori, così da
poterne memorizzare le fattezze. Erano tutti molto più robusti di un
elfo comune e Amor percepì la forza e la pericolosità che
emanavano, prima che la sua ispezione venisse disturbata dalla voce
di Ragul.
“Stanotte
il tempo non è dalla nostra parte. La luna si alzerà tra poco, e
illuminerà i paraggi come se fosse giorno.”
“Già,
purtroppo non c'è nemmeno un filo di nebbia. Siamo sfortunati”,
dal tono di voce, Athlon, non sembrava poi molto sorpreso della cosa.
In fondo, tutto il giorno precedente il tempo era stato ottimo, e
nulla lasciava presagire che ci sarebbero stati cambiamenti.
“Cosa
faremo se il nemico si accorge di noi prima del previsto?”, chiese
Amor un po' impensierita.
“Improvviseremo”,
le rispose Athlon sorridendole, mentre un brivido le correva lungo la
schiena.
Naaria
le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla.
Come
previsto dopo circa un'ora la luna fece capolino dietro i monti a
nord, proprio sulla loro sinistra, e lanciò un lungo raggio di luce
sul terreno.
La
maga si guardò in giro sentendo il rumore di un piccolo fiume che
scorreva alla loro sinistra mentre a destra vedeva una foresta di
sherga, degli alberi che nascondevano pericolose paludi.
Un'ombra
attraversò il limitare della boscaglia, catturando la sua
attenzione.
“Non
ti preoccupare Amor, era uno dei segugi di Anter”, anche Athlon la
doveva aver vista e la maga tirò un sospiro di sollievo. La luna
però era veramente un fastidio.
Durante
quei pochi minuti la lama di luce aveva continuato ad avanzare e
stava per essere investito dal fascio ritrovandosi completamente allo
scoperto.
“Forse
io potrei provare a...”, non riuscì a finire la frase, poiché una
chiazza di oscurità li avvolse.
Si
fermarono tutti all'unisono.
Athlon
e Ragul si strinsero vicino ad Amor, mentre il sibilo di spade
sfoderate riempiva l'aria.
Un
singulto di Naaria fece voltare Amor.
La
luna era stata oscurata da nubi temporalesche.
“Com'è
possibile?”, chiese Ragul che sembrava aver espresso il pensiero di
tutti.
“Che
sia opera degli sciamani?”, la domanda della guaritrice cadde tra
di loro come un macigno.
“Amor,
Amor!”
Qualcuno
stava cercando di entrare in contatto mentale con lei. Chiuse gli
occhi e si concentrò, cercando di capire chi era.
“Amor!”
“Visel!?!”,
l'elfa non riusciva a
crederci.
“Si
sono io, chi altri sennò?”, la
voce di Visel era scontrosa come sempre.
“Cos'è
successo? Perché mi hai contattato?”
“Me
lo ha chiesto il Maestro Drevion”,
quando Visel faceva così
era insopportabile.
“E'
successo qualcosa? Il Maestro sta bene?”,
Amor cominciava a preoccuparsi. Perché il Maestro non l'aveva
contattata personalmente?
“Il
maestro sta bene, ma è occupato e non poteva perdere tempo.”
Amor
si senti ulteriormente ferita da quelle parole velenose.
“Bando
alle ciance. Stiamo usando una magia per coprire la vostra avanzata.”
“La
luna! E' stato il Maestro Drevion!”
“E'
quello che ho appena detto!”,
sbuffò Visel, come se
avesse a che fare con una bambina ritardata.
“Comunque
il maestro vi potrà dare una copertura fino all'alba. Lui e i maghi
anziani riusciranno a mantenere le nubi solo fino ad allora. Avvisa i
Capitani che sono con te. Ciao”.
e con quello troncò la
comunicazione.
Naaria
e gli altri le si erano stretti attorno rendendosi conto che stava
succedendo qualcosa.
“Chi
era?”, gli chiese Athlon, che doveva esserci abituato.
“Era
Visel. Mi ha detto che sono stati il Maestro e i maghi anziani a
coprire la luna”, li mise a parte Amor.
Ragul
scoppiò a ridere. “Vecchia volpe. Non finirà mai di stupirmi.”
“Bene,
grazie a Drevion non dovremo preoccuparci di essere troppo visibili”,
disse Athlon che sembrava decisamente sollevato.
Passata
un'altra ora Athlon fece fermare l' esercito. Erano giunti nel posto
dove avrebbero aspettato.
Asplie, che era partita con un po' di anticipo su di loro, era già
in posizione sulla piccola collinetta che avevano appena
oltrepassato. Stando in quella posizione il sole sarebbe sorto
proprio alle loro spalle. E inoltre, gli alberi che formavano un
piccolo boschetto sulla cima della collina, avrebbero protetto gli
arcieri dal primo assalto delle viverne.
Il
nemico sarebbe sceso dalle montagne a nord, attraversando un lungo
valico. I capitani si erano organizzati e mossi per poter
intercettare il nemico proprio in quel punto, dove il lungo canalone
che avevano appena superato, si restringeva ulteriormente, dando così
la possibilità ad un piccolo manipolo di uomini di tenerne a bada un
gran numero.
Athlon
cominciò a impartire ordini, per far si che tutti si schierassero
nel modo giusto.
“Mi
dispiace, ora devo proprio andare dai miei ragazzi, non sono mai
stati così vicini al campo di battaglia e sono sicura che saranno
molto agitati”, le disse la guaritrice avvicinandosi.
“Capisco”,
gracchiò Amor, che aveva la gola completamente secca. Il momento si
stava avvicinando e lei non si sentiva per niente pronta.
“Fatti
forza. Vedrai che andrà tutto secondo i piani”, le sussurrò
Naaria e poi la strinse leggermente in un abbraccio prima di correre
verso la collina.
Amor
non poteva scorgere l'ingresso della caverna dove si trovavano i
guaritori, ma concentrandosi riuscì a percepire la loro magia,
quindi ad individuarli. La grotta si trovava nel lato sud-est della
collina. Pericolosamente vicino a quello che sarebbe stato il campo
di battaglia principale.
“Mastat!”,
tuonò Athlon e l'elfa gli comparve al fianco.
“Silenziosa
come sempre,” Athlon non sembrò sorpreso. “Hai scelto i venti
assassini da mettere a protezione dei guaritori?”
“Si,
li ho già fatti posizionare nei pressi dell'entrata della caverna.
Sono ben nascosti e non attireranno l'attenzione, ma se i nemici
dovessero avvicinarsi troppo potrebbero intervenire subito”, Mastat
sembrava perfettamente a suo agio fasciata dentro la sua armatura di
moenia, la protezione preferita dagli assassini, fatta con un'alga
che cresceva nelle profondità oceaniche, raccolta e lavorata dalle
sirene. Quell'indumento era particolarmente viscido, cosicché, se il
nemico provava ad afferrarli, questi riuscivano a scivolare via
facilmente dalla presa. Inoltre era di un colore grigio cangiante al
nero che aiutava a confondersi con le ombre. Purtroppo non aveva una
particolare valenza di protezione, quindi per l'occasione, Mastat,
aveva apportato delle modifiche, aggiungendo placche di kreel sugli
avambracci e sugli stinchi. E per essere ancora più letale vi aveva
applicato due lame affilatissime. I pugnali che le spie prediligevano
le pendevano ai fianchi minacciosi. L'armatura lasciava intravedere
solo gli occhi, perché arrivava a coprirle il naso.
“Bene,
il resto dei tuoi elfi può aggregarsi ai miei spadaccini”, e con
questo Athlon si girò verso di lei. “Amor ora ti conduco nel punto
dove starai. Lì c'è già colui che è stato assegnato alla tua
protezione”, e dicendo questo la precedette, dirigendosi verso
nord, senza nemmeno controllare se lei lo seguiva.
“Non
devi preoccuparti della tua incolumità. Otyn è il migliore tra di
noi. Non correrai nessun pericolo con lui”, le disse Ragul, che si
era accodato insieme ai venticinque incursori.
Amor
istintivamente strinse il pugnale che Asplie le aveva lasciato.
Dopo
cinque minuti cominciò a sentire il rumore di un fiume. Qualcosa non
le tornava. Da quella parte doveva esserci una foresta.
Dopo
pochi metri notò che il terreno stava cominciando a inclinarsi.
Passo dopo passo la pendenza si faceva sempre più grande e stavano
scendendo verso la fonte del rumore.
“Questo
fiume nasce sui picchi delle montagna, in questo punto fa una curva
che lo porta dritto nella foresta. Un tempo era molto più grosso,
come puoi notare le acque si sono ritirate parecchio lasciando così
questi argini così scoscesi. Attenderete l'alba nascosti qua in
basso, poi salirete e vi nasconderete dietro quei cespugli”,
comandò Athlon interrompendo il silenzio e indicandole un punto poco
più in alto.
“Non
ti far vedere fino all'ultimo secondo. Quando sarai allo scoperto c'è
la possibilità che il nemico provi ad attaccarti, ma a quello
penserà Otyn”, proseguì Ragul, che sembrava avere un'ottima
opinione di quest'ultimo.
“La
squadra di incursori si troverà più avanti sulla riva del fiume,
cerca di coprirli per tutto il tragitto e speriamo che gli sciamani
siano troppo impegnati con i draghi”, dalla voce di Athlon si
capiva che si fidava ciecamente dei suoi incursori, ma temeva per le
loro vite. In fondo quella squadra era il suo orgoglio.
“Eccoci.
Dove si è cacciato Otyn?”, chiese Ragul e si cominciò a guardare
in giro.
Dopo
pochi secondi un'ombra apparve a nord.
“Dove sei stato Otyn?
Stavi pensando di svignartela?”, scherzò il capo dei draghi.
“Siete
arrivati proprio nel momento in cui ero nell'unico posto dove si è
soli nella vita”, rispose una voce maschile, forte e chiara.
Ragul
scoppiò a ridere e Athlon gli mollò una gomitata nello stomaco.
“Piantala di fare tutto questo baccano. Vuoi che il nemico ci senta
fin dalle profondità delle montagne?”
Finalmente
Amor riuscì a mettere a fuoco la figura che si stava avvicinando.
Era un elfo un po più alto della media, con grandi spalle e un
fisico atletico e asciutto. Più si avvicinava e più Amor riusciva a
notare i particolari. Sotto i semplici vestiti poté notare muscoli
ben disegnati e scattanti; incedeva con passo lento e regolare, senza
fatica. Quando le fu accanto riuscì a vedere i tratti del viso.
Aveva capelli neri, proprio come il colore di quella notte, occhi
marroni, un viso dai tratti squadrati ma comunque molto bello, però
non riuscì a stabilire quanti anni avesse.
“E'
lei la nostra arma segreta?”, chiese Otyn strizzandole l'occhio e
Amor non sentì nessuna nota di scherno nella sua voce.
“Si,
e adesso la affidiamo alle tue cure, tienila al sicuro e fai si che
porti a termine il suo compito. Contiamo su di te”, Athlon sembrava
molto serio mentre rivolgeva queste parole a Otyn, e poi si girò
verso Amor. “Metticela tutta, crediamo in te”, la sua voce si era
fatta più dolce e meno severa e Amor credette che lo stesse facendo
per non farla sentire sotto pressione.
“Otyn
ora è tutto nelle tue mani. Ci vediamo alla fine della battaglia per
farci una bevuta!”, Ragul lo salutò così, si girò, facendo un
semplice cenno con il capo ad Amor, e si diresse nella direzione da
dove erano venuti.
Anche
lo spadaccino lo seguì senza aggiungere nient'altro.
I
venticinque incursori invece si diressero nella direzione opposta.
Amor non perse tempo e cominciò a seguirli con un piccolo filo di
magia. Si fermarono molto più a nord, sempre nascosti nella conca
naturale che era stata creata dal fiume.
“L'alba
sarà tra circa due ore”, la voce di Otyn distrasse Amor, facendola
concentrare su di lui, che proseguì. “I nostri esploratori ci
hanno informato che i nemici cominceranno ad uscire dal valico circa
un'ora dopo l'alba, gli sciamani arriveranno un'altra ora dopo,
quindi ci dovremo muovere due ore dopo il sorgere del sole.”
“Capisco,
sei stato messo a parte del piano?”, gli chiese Amor, cercando di
celare l'ansia.
“Si,
mi hanno già informato di tutto”, Otyn non sembrava per niente
preoccupato, eppure sarebbe stato uno dei primi bersagli quando lei
avesse usato la magia.
Le
si fece più vicino, e la prese gentilmente per un braccio. “Vieni,
ti ho preparato un giaciglio su cui potrai riposare per un'oretta, è
inutile che passi queste quattro ore in piedi ad affaticarti.”
Amor
restò a bocca aperta. Come poteva credere che sarebbe riuscita a
dormire in un momento del genere?
La
condusse ancora più in basso, vicino alla riva del fiume, dove notò
che era stato approntato un mini-campeggio; dei tizzoni ardenti erano
vicini a un giaciglio di fortuna e solo in quel momento si rese conto
che la temperatura stava scendendo. Otyn aveva pensato a tutto quello
per lei? Amor non riusciva a crederci.
Per
non far vedere il bagliore in lontananza i legni erano stati
racchiusi dentro una pila di sassi, che li copriva sui tre lati e
superiormente. Il calore quindi usciva solo da una parte e intuì che
sarebbe stata solo lei a stare al caldo.
“Ho
pensato che avresti patito non poco freddo così vicino al fiume, e
non voglio certo che ti ammali prima dell'inizio della battaglia”,
Otyn sembrava perfettamente a suo agio, mentre lei si sentiva sempre
più imbarazzata.
“Non
c'era bisogno di scomodarsi, avrei potuto usare la magia e riscaldare
entrambi”, dicendo quella frase, si rese conto che gli abiti che
indossava Otyn non erano per niente pesanti, anche se la temperatura
era ancora molto rigida.
“Io
non ho bisogno di riscaldarmi, ricordati che sono un drago, scorre il
fuoco nelle mie vene”, l'elfo sogghignò leggermente.
Amor
si sentì arrossire, era stata una stupida a fare una simile
affermazione.
Otyn
non sembrò accorgersi della sua esitazione e la condusse al
giaciglio, dove la fece sedere. “Mentre io vado a fare un piccolo
giro di ricognizione tu cerca di scaldarti, c'è dell'infuso di
Lantia.
Potrebbe tornarti utile per rilassarti.”
Amor
si sedette mentre lui spariva nell'oscurità puntando verso la
sommità della conca. Il tepore la rinfrancò e prese la borraccia
che era stata lasciata vicino al fuoco, purtroppo il contenuto si era
raffreddato. Lo riscaldò utilizzando la magia e mentre stava bevendo
un lontano brontolio la fece sussultare. Si girò verso nord e in
lontananza vide il cielo nuvoloso rischiararsi a causa di un fulmine.
Drevion
stava facendo le cose in grande; non solo stava oscurando la luna, ma
stava provocando un gran temporale sul nemico.
Dopo
circa mezz'ora Otyn ricomparve, ma Amor non se ne accorse, il tepore
dei tizzoni e il rumore del fiume che scorreva lì vicino l'avevano
fatta addormentare.
L'elfo
che non si era mai allontanato troppo da lei nel suo giro di
ispezione, le si sedette vicino. Il suo viso illuminato dai legni
ardenti incuteva un po' di timore.
Si
sistemò comodamente per l'attesa e i suoi occhi si posarono sul
volto addormentato della maga.