sabato 7 novembre 2015

Il Concilio delle Razze - Capitolo 3

CAPITOLO III

Amor”, una voce riverberò nella sua mente.“Puoi interrompere la comunicazione. Abbiamo terminato.”
La maga tirò un sospiro di sollievo, sentiva che le forze l'avrebbero presto abbandonata se la conversazione si fosse protratta ancora.
Sei stata brava. Hai mantenuto una conversazione a questa distanza per più di un'ora”, la lodò.
Grazie Maestro”, quelle poche parole le risollevarono il morale.
Lentamente abbassò la mano e la sfera infuocata esplose, facendo spaventare gli astanti.
Naaria ti spiegherà il da farsi. Fidati di lei e segui le sue istruzioni, provengono da me. Fai del tuo meglio”, con quelle parole enigmatiche scomparve dalla sua mente, senza darle il tempo di chiedere spiegazioni.
Aprì lentamente gli occhi e vide la tenda oscillare vertiginosamente. Sentì le gambe cedere, ma forti braccia la sorressero subito e non si ritrovò distesa sul pavimento, ma contro il petto muscoloso di Ragul.
Sapeva poco del capitano dei draghi. Per quasi tutti gli elfi comuni, la mutazione che subivano era un mistero; la loro magia e la conseguente capacità di trasformarsi, era una caratteristica innata.
Ragul aveva un viso squadrato ma gradevole. Gli occhi, di colore giallo ricordavano molto il sole e avevano anche lo stesso calore. Anche se non si poteva dire che era una bellezza classica, i suoi occhi non lasciavano certo indifferenti, e nemmeno i suoi muscoli e la sua corporatura possente. Se non avesse sentito il calore del suo corpo, che penetrava attraverso i vestiti, avrebbe pensato di essere stata sollevata da una statua di marmo. Aveva avuto occasione di ammirare l'enorme mole del capo dei draghi in volo; quando si trasformava diventava un gigantesco drago verde dalle squame lucenti, ma poteva solo immaginare la reale dimensione, perché lo aveva solo scorto da lontano.
Naaria che era lì vicina fece cenno a Ragul e lui depose delicatamente Amor su una sedia vicino al fuoco che riscaldava la tenda.
Asplie le fu subito accanto con una tazza fumante di Calisia, che accettò volentieri, dato che era un infuso molto corroborante e lei stava tremando dal freddo, oltre ad avere una sete pungente.
Bevve l'infuso tutto d'un fiato e Asplie riempì nuovamente la tazza.
Amor si sentiva già un pochino meglio e si accorse che tutti nella tenda erano immobili, a eccezione dell'arciera, che le ronzava intorno come una mamma apprensiva e di Naaria, che stava spostando una delle sedie verso di lei.
Quando la guaritrice si fu sistemata e seduta, la tenda si era svuotata ed era rimasta solo Asplie che, dopo aver riempito un'altra volta la tazza, si congedò.
“Drevion ti ha accennato qualcosa?”, chiese Naaria interrompendo la pace che regnava.
“Mi ha solo detto che tu mi avresti spiegato tutto. Se non ho capito male, ti ha lasciato delle istruzioni per me. E mi ha anche detto di fidarmi di te, ma questo non importava che me lo dicesse. Io mi fido già di te”, rivolse all'altra un sorriso rassicurante.
“Ne sono felice”, le rispose. “Le cose che sto per dirti, sono sicura che ti faranno sentire inadatta, ma prima di spiegarti che ruolo dovrai giocare nell'imminente battaglia”, proseguì Naaria “voglio tu sappia che io e tutti gli altri capitani contiamo su di te, e siamo sicuri della tua riuscita. Se Drevion non ne fosse stato convinto non avrebbe proposto questo piano. Quindi, prima che tu cominci anche solo a pensare che non riuscirai, ricordati quello che ti ho appena detto.”
Quelle parole lasciarono in Amor molti dubbi e a quel punto era ancora più confusa.
Che ruolo poteva giocare lei, una mediocre maga, contro un gruppo di sciamani? Perché aveva intuito, che tutto il problema ruotava interamente sulla loro presenza nell'esercito nemico e nell'assenza di maghi nel loro.
“Ora passo a spiegarti quale sarà il tuo compito”, Naaria le si fece più vicina. “Gli orchi dovranno attraversare le montagne per raggiungerci e usare un valico lungo circa tre chilometri e molto stretto. Tu dovrai innalzare una barriera su una squadra di incursori, così da proteggerli dagli attacchi degli sciamani finché non saranno giunti all'imboccatura del passo, dove le pareti rocciose permetteranno solo a pochi orchi alla volta di uscire. La nostra squadra potrà rallentarne l'avanzata fino a quando non avrai aiutato i draghi a liberarsi dagli sciamani e questi ultimi, saranno in grado di andare in aiuto degli incursori.”
Amor era rimasta a bocca aperta. Non riusciva a dire nemmeno una parola.
Come aveva potuto, Drevion, anche solo pensare che lei sarebbe riuscita in quel compito?
Prima che si riprendesse e potesse solo immaginare di protestare, Naaria proseguì.
“Naturalmente non sarai sola, sappiamo benissimo che non hai sufficiente magia, e nemmeno Drevion da solo ce la farebbe. Per questo entriamo in gioco noi guaritori.”
Amor era ancora più scioccata. E ora cosa c'entravano loro? Non potevano certo combattere!
“Noi ti trasmetteremo il nostro potere”, proseguì Naaria. “Drevion mi ha detto che voi sapete come accedere alla fonte di un' altro mago. La magia dei guaritori è molto simile alla vostra, quindi con un minimo di esercizio potrai essere in grado di prelevarla da noi. Saremo la tua forza. Ti sosterremo.”
L'elfa era ancora completamente sconvolta. Sapeva che in teoria quella era una cosa fattibile, ma in pratica era molto difficile e pericolosa.
“Questa operazione richiede la mia presenza in prima linea perché se sarò troppo lontana sprecherò inutilmente energia per mantenere lo scudo, inoltre non potrete essere troppo distanti, perché nello spazio che corre tra voi e me il potere andrebbe perso”, ritrovando la parola, espresse i suoi dubbi.
“Ragul ha già pensato a come tenerti al sicuro. Ti affiderà alle cure di uno dei suoi draghi più forti, lui ti proteggerà e tu potrai concentrarti completamente sul tuo compito. Dovrai proteggere gli incursori il tempo necessario ad oltrepassare gli sciamani, che nel frattempo saranno attaccati dai draghi”, Naaria era preparata a quelle domande. “E noi saremo nascosti in una piccola caverna riparata e sicura, ma vicinissima al punto dove ti troverai. Anter ha già spedito alcuni gruppi di esploratori in avanscoperta e ha trovato il punto adatto.”
Amor si sentiva frastornata. Drevion le aveva rovesciato sulle spalle un peso enorme e solo in quel momento se ne rendeva conto.
I capitani stavano ponendo tutto nelle sue mani. Se avesse sbagliato qualcosa, centinaia di elfi si sarebbero trovati indifesi contro gli attacchi magici del nemico e ne avrebbero pagato le conseguenze.
Amor sapeva come lanciare uno scudo, ed era in grado di manipolarlo molto bene per adattarlo ai vari attacchi che potevano esserle lanciati contro. Forse era l'unica cosa in cui veramente eccelleva. Ma un conto era alzare una barriera e proteggere se stessa, un altro coprire un' intero schieramento.
“Di quanti elfi sarà formata la squadra di incursori?”, le parole le uscivano dalla bocca in modo metallico, come se fosse un automa.
“Saranno venticinque dei più forti. Si tratta di una squadra addestrata personalmente da Athlon, sono molto più tosti dei normali spadaccini. Athlon si fa vanto della sua squadra e gli ha dato un nome: Horvat. Li ha scelti uno ad uno.”
Venticinque! Era peggio di ciò che aveva immaginato. Era uno sforzo immane. Avrebbe dovuto creare uno scudo per ognuno di loro, e tenerli attivi e funzionanti tutti contemporaneamente; sarebbe stato difficilissimo.
Inoltre doveva pensare ad un modo per permettere ai draghi di uccidere gli sciamani, che di sicuro, incoraggiati dalla notizia dell'assenza di maghi nell'esercito degli elfi, non si sarebbero protetti contro la magia, bensì contro di loro dato che erano l'unica vera minaccia.
Però i draghi sarebbero anche stati tenuti impegnati dalle viverne!
La mente di Amor correva frenetica. Doveva trovare un modo che permettesse loro di liberarsi velocemente da quelle bestiacce.
“Avete pensato ad un modo per far arrivare i draghi dagli sciamani?”, chiese, sforzandosi di mantenere un tono neutro e non lasciar trapelare il terrore che la stava invadendo.
“Purtroppo non abbiamo ancora avuto nessuna idea. Drevion su quel punto non ci ha voluto dare nessun aiuto. Ha detto che avresti trovato la soluzione a te più congeniale.”
Amor non riusciva più a stupirsi di nulla.
“Come può il Maestro chiedermi questo? Io sono solo una maga mediocre, e so poco di battaglie, incursori e draghi”, il muro di tranquillità, che aveva faticosamente cercato di mantenere, era crollato. Grosse lacrime le scesero lungo le guance e il panico le fece tremare tutto il corpo.
Era troppo. Non potevano chiedergli quello. Si sarebbe sporcata del sangue di molti elfi, dato che non era in grado di fare una cosa simile. Perché Drevion l'aveva messa in quella situazione?
Naaria le si fece vicina, le prese le mani e le sollevò il viso asciugandoglielo con un piccolo fazzoletto.
“Amor è giunto il momento che io ti riveli una cosa.”
La maga non riusciva a concentrarsi su ciò che la guaritrice stava dicendo; era completamente nel pallone.
“Amor ascoltami. Guardami!”, Naaria la scosse leggermente e quando finalmente alzò gli occhi proseguì. “Io conoscevo tua madre molto bene.”
Quella frase la lasciò interdetta e il suo cervello finalmente si focalizzò sull'altra.
Sua madre era morta quando lei aveva centocinquanta anni. Durante la stessa battaglia in cui era morto il padre di Naaria.
“La conobbi all'età di trentanni, me la presentò mio padre. Amor tua madre fu il mio maestro.”
Amor non poteva credere alle sue orecchie.
Suo padre era un comune elfo senza poteri particolari, invece sua madre era stata una grande guaritrice e ricordava che aveva avuto un' allievo, ma non ne parlava mai a casa, quindi non aveva mai saputo di chi si trattasse.
“Devi sapere che durante tutto il mio addestramento non ha fatto altro che parlarmi di te. Sperava tanto che tu potessi vivere una vita tranquilla e infatti era molto felice nel vedere che crescendo non mostravi nessun segno di poteri particolari”, il tono di Naaria era molto dolce, quei ricordi dovevano essere davvero felici. “Era un' ottimo insegnante e mi aiutò molto. Ho passato veramente dei bei momenti con lei, le volevo molto bene. Poi purtroppo fummo chiamate dall'esercito. Tua madre era un'ottima guaritrice e in quel periodo eravamo essenziali. Per quello fui chiamata anche io, nonostante la mia giovane età. Purtroppo nella solita battaglia in cui morì mio padre persi anche il mio maestro”, la voce di Naaria si fece triste.
“Mentre stavo inutilmente cercando di salvare mio padre, un battaglione nemico arrivò ed attaccò l'accampamento dove eravamo stati alloggiati noi guaritori, facendo una strage. Io non ne rimasi coinvolta perché ero ancora nella tenda di mio padre, a piangere disperata la sua morte. Mi riscossi solo quando sentii le grida dei guaritori. Uscii e mi precipitai per prestare soccorso, ma arrivai troppo tardi. Il battaglione si era già ritirato; avevano dato fuoco a tutto e ogni singola tenda bruciava, nessuno riuscì a salvarsi ”
Amor conosceva bene quella storia, quando l'esercito si era reso conto di cosa era successo ormai non c'era più niente da fare, non era rimasto nemmeno un corpo da restituire ai familiari. Quella battaglia fu una disfatta totale.
“Ti ho raccontato questo, non per farti rivivere un dolore passato, ma per spiegarti che io credo in te. Quando ti guardo rivedo la mia maestra. Vedo lo stesso sguardo combattivo, coraggioso e fiero. Non ti arrendere alla paura. Tu puoi farcela col nostro aiuto. Troveremo insieme un modo per far arrivare i draghi dagli sciamani. Sono sicura che ci riusciremo”, Naaria le strinse le mani e in un gesto completamente imprevisto la attirò a se e la abbracciò forte. “Anche se ti ho conosciuta da poco ti considero come la sorellina che non ho mai avuto. Ti proteggerò e ti sosterrò. Credi in te stessa e vedrai che le cose andranno bene”
Amor si sentì riscaldare da quelle parole. Il panico lentamente stava scivolando via dalla sua mente.
“Grazie Naaria”, riuscì a dire ricambiando l'abbraccio.

Nella tenda ora erano presenti nuovamente tutti i capitani e Amor sedeva vicino a Naaria.
Si sentiva un pochino più tranquilla anche se l'enormità del suo compito la schiacciava ancora.
“Dobbiamo trovare assolutamente un modo per mandare i miei ragazzi contro quei luridi!”, tuonò Ragul.
“Si, ma come possiamo fare? Un gruppo di draghi non passa certo inosservato. Siete un po' voluminosi”, scherzò Anter, che dopo aver parlato con Drevion si era rilassato.
“Amor sei in grado di renderli invisibili?”, le chiese Mastat girandosi leggermente verso di lei.
L'elfa aveva un'aria annoiata stampata sul faccino. Sia la sua corporatura che il suo viso facevano pensare più ad un bambino che ad un' elfa adulta e letale.
Aveva lineamenti poco femminili, e portava i capelli così corti che vista da lontano sembrava proprio un maschio. Oltre che sembrare molto più giovane di quello che era, la sua piccola statura e la sua magrezza, non facevano certo pensare che quello potesse essere il capitano degli assassini.
“No mi dispiace, l'invisibilità è una magia così potente che forse, solo il Maestro Drevion in persona potrebbe provare a usarla e comunque non su un numero così nutrito di draghi, al massimo potrebbe funzionare con due o tre”, era circa un'ora che Amor rispondeva alle varie domande poste dai capitani sui limiti che aveva la sua magia e in quell'ora non erano ancora riusciti a risolvere il problema di far arrivare i draghi sugli sciamani, senza che fossero attaccati dalle viverne e quindi distratti.
“Parlatemi delle viverne. Quali sono i loro punti forti e le loro debolezze?”, chiese ad un tratto, guardando negli occhi Ragul.
“Sono le sorelle brutte e ignoranti dei draghi”, gli rispose Anter.
Ragul gli mollò un pestone su un piede, che lo fece ululare e saltellare per tutta la stanza.
“Le viverne sono lucertole giganti, hanno solo due zampe posteriori, il corpo è ricoperto di piccole squame non troppo rigide, che permette agli artigli dei draghi di dilaniare le loro carni facilmente. Sono di dimensioni molto inferiori al più piccolo dei miei, ma possono sbranare un elfo adulto senza problemi”, Ragul sottolineò l'ultima frase fulminando con lo sguardo Anter, che intanto si era portato a distanza di sicurezza da lui. “Hanno denti aguzzi, ma la cosa più pericolosa è la coda, lunga e vigorosa, che termina con una punta acuminata e velenosa. Non possono sputare fuoco, quindi sono utilizzate solo nei combattimenti ravvicinati, oppure in gran numero contro i draghi. Le viverne sono poco intelligenti e quindi uno scontro tra una di loro e un drago non dura nemmeno un minuto, però se attaccano in gruppo danno diversi problemi”, Ragul si guardò in giro e proseguì. “Il veleno che hanno sulla coda non è mortale, serve per immobilizzare la preda, quindi quando una viverna riesce a pungere un drago, la parte che viene colpita si paralizza.”
“Capisco. Quindi se la viverna riesce, per esempio, a colpire un'ala il gioco è fatto, giusto?”, cominciava a comprendere come potessero essere fastidiose quelle bestie.
“Si brava, hai centrato il punto”, Ragul passeggiava nervosamente per la tenda. “Dobbiamo trovare un modo per proteggere i miei ragazzi, se riusciremo ad avventarci sugli sciamani poi tutto sarà più semplice”, proseguì senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“Se vengono messi fuori combattimento poi per noi sarà facile ingaggiare battaglia. Asplie, tu porterai i tuoi arcieri sopra la grotta dove staranno nascosti i guaritori, così quando sorgerà il sole, gli avversari saranno accecati e voi potrete attaccare e sfoltire un pochino le fila nemiche”, fu Athlon a prendere la parola in quel momento. Aveva già messo a punto un buon piano, sempre presumendo che Amor sarebbe riuscita nel suo incarico.
“Si, mi sembra una buona idea, e così sarò vicina a Naaria e potrò proteggerla in caso che il nemico si accorga di qualcosa”, acconsentì Asplie che aveva completamente abbandonato la sua aria materna.
“Ci servirà l'aiuto di tutti. Tu Simir porterai le spie che hai con te oltre la catena montuosa, e mentre noi sferriamo il nostro attacco ti occuperai di impedire loro la fuga. Quanti uomini hai a tua disposizione?”, proseguì Athlon che sembrava determinato a non lasciare superstiti.
In quel momento Amor lo guardò più attentamente, non si era mai soffermata molto sull'alto Capitano degli spadaccini, ma vedendolo non poteva non concordare con le voci che circolavano su di lui. Atletico e muscoloso al punto giusto era un'elfo dalla bellezza mozzafiato. Corti capelli biondi e spettinati incorniciavano un volto scolpito, che trasmetteva un carattere deciso. Due grandi occhi verdi che incutevano rispetto e ammirazione riempivano il viso ingentilendo una bocca dal sorriso disarmante, e il tutto veniva completato da un naso impertinente facendo risultare l'insieme armonioso ed estremamente affascinante.
“Ho dieci spie nell'accampamento, più io undici, dovremo partire presto per poter attraversare le montagne”, rispose Simir, che non sembrava per niente stupito del compito che gli era stato affidato.
“Bene... Pain!”, Athlon, richiamò l'elfo che era uscito momentaneamente dalla tenda chiamato da uno dei suoi segugi. “I tuoi hanno scoperto qualcosa?”
“Si, hanno individuato diverse vedette ed esploratori nemici”, rispose Pain rientrando.
“Bene, digli che si occupino di tutte quelle che trovano.”
“Ho già dato l'ordine, appena finita la riunione andrò a caccia anche io”, gli occhi di Pain divennero ancora più neri e foschi.
“Che cosa ne dici se io e i miei assassini ci uniamo a te in questa battaglia?”, chiese Mastat allo spadaccino.
“Mi farebbe molto piacere, però voglio che venti di loro si mettano a protezione di Asplie e soprattutto di Naaria, non voglio brutte sorprese, e voglio che Asplie sia completamente concentrata sul nemico senza dover pensare ad altro”, Athlon guardò compiaciuto Mastat, sapeva che averla vicino in battaglia sarebbe stato tutt'altro che un impiccio, i suoi assassini erano letali anche in campo aperto, e sarebbero stati perfetti per proteggere i guaritori, così non avrebbe dovuto rinunciare a nessuno dei suoi ragazzi.
“Bene, ora rimane solo da stabilire come togliersi di mezzo quelle stupide viverne”, disse Anter. Lui e i suoi non avrebbero combattuto apertamente, ma avrebbero contribuito ad uccidere qualunque nemico avessero incontrato mentre perlustravano la zona.
Amor non seguiva già da un po' ciò che i capitani stavano dicendo, un dettaglio di quello che Athlon aveva detto le era rimasto in testa e un'idea stava prendendo forma nella sua mente.

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