CAPITOLO III
“Amor”,
una voce riverberò nella sua mente.“Puoi interrompere la
comunicazione. Abbiamo terminato.”
La
maga tirò un sospiro di sollievo, sentiva che le forze l'avrebbero
presto abbandonata se la conversazione si fosse protratta ancora.
“Sei
stata brava. Hai mantenuto una conversazione a questa distanza per
più di un'ora”, la lodò.
“Grazie
Maestro”, quelle poche
parole le risollevarono il morale.
Lentamente
abbassò la mano e la sfera infuocata esplose, facendo spaventare gli
astanti.
“Naaria
ti spiegherà il da farsi. Fidati di lei e segui le sue istruzioni,
provengono da me. Fai del tuo meglio”, con
quelle parole enigmatiche scomparve dalla sua mente, senza darle il
tempo di chiedere spiegazioni.
Aprì
lentamente gli occhi e vide la tenda oscillare vertiginosamente.
Sentì le gambe cedere, ma forti braccia la sorressero subito e non
si ritrovò distesa sul pavimento, ma contro il petto muscoloso di
Ragul.
Sapeva
poco del capitano dei draghi. Per quasi tutti gli elfi comuni, la
mutazione che subivano era un mistero; la loro magia e la conseguente
capacità di trasformarsi, era una caratteristica innata.
Ragul
aveva un viso squadrato ma gradevole. Gli occhi, di colore giallo
ricordavano molto il sole e avevano anche lo stesso calore. Anche se
non si poteva dire che era una bellezza classica, i suoi occhi non
lasciavano certo indifferenti, e nemmeno i suoi muscoli e la sua
corporatura possente. Se non avesse sentito il calore del suo corpo,
che penetrava attraverso i vestiti, avrebbe pensato di essere stata
sollevata da una statua di marmo. Aveva avuto occasione di ammirare
l'enorme mole del capo dei draghi in volo; quando si trasformava
diventava un gigantesco drago verde dalle squame lucenti, ma poteva
solo immaginare la reale dimensione, perché lo aveva solo scorto da
lontano.
Naaria
che era lì vicina fece cenno a Ragul e lui depose delicatamente Amor
su una sedia vicino al fuoco che riscaldava la tenda.
Asplie
le fu subito accanto con una tazza fumante di Calisia, che accettò
volentieri, dato che era un infuso molto corroborante e lei stava
tremando dal freddo, oltre ad avere una sete pungente.
Bevve
l'infuso tutto d'un fiato e Asplie riempì nuovamente la tazza.
Amor
si sentiva già un pochino meglio e si accorse che tutti nella tenda
erano immobili, a eccezione dell'arciera, che le ronzava intorno come
una mamma apprensiva e di Naaria, che stava spostando una delle sedie
verso di lei.
Quando
la guaritrice si fu sistemata e seduta, la tenda si era svuotata ed
era rimasta solo Asplie che, dopo aver riempito un'altra volta la
tazza, si congedò.
“Drevion
ti ha accennato qualcosa?”, chiese Naaria interrompendo la pace che
regnava.
“Mi
ha solo detto che tu mi avresti spiegato tutto. Se non ho capito
male, ti ha lasciato delle istruzioni per me. E mi ha anche detto di
fidarmi di te, ma questo non importava che me lo dicesse. Io mi fido
già di te”, rivolse all'altra un sorriso rassicurante.
“Ne
sono felice”, le rispose. “Le cose che sto per dirti, sono sicura
che ti faranno sentire inadatta, ma prima di spiegarti che ruolo
dovrai giocare nell'imminente battaglia”, proseguì Naaria “voglio
tu sappia che io e tutti gli altri capitani contiamo su di te, e
siamo sicuri della tua riuscita. Se Drevion non ne fosse stato
convinto non avrebbe proposto questo piano. Quindi, prima che tu
cominci anche solo a pensare che non riuscirai, ricordati quello che
ti ho appena detto.”
Quelle
parole lasciarono in Amor molti dubbi e a quel punto era ancora più
confusa.
Che
ruolo poteva giocare lei, una mediocre maga, contro un gruppo di
sciamani? Perché aveva intuito, che tutto il problema ruotava
interamente sulla loro presenza nell'esercito nemico e nell'assenza
di maghi nel loro.
“Ora
passo a spiegarti quale sarà il tuo compito”, Naaria le si fece
più vicina. “Gli orchi dovranno attraversare le montagne per
raggiungerci e usare un valico lungo circa tre chilometri e molto
stretto. Tu dovrai innalzare una barriera su una squadra di
incursori, così da proteggerli dagli attacchi degli sciamani finché
non saranno giunti all'imboccatura del passo, dove le pareti rocciose
permetteranno solo a pochi orchi alla volta di uscire. La nostra
squadra potrà rallentarne l'avanzata fino a quando non avrai aiutato
i draghi a liberarsi dagli sciamani e questi ultimi, saranno in grado
di andare in aiuto degli incursori.”
Amor
era rimasta a bocca aperta. Non riusciva a dire nemmeno una parola.
Come
aveva potuto, Drevion, anche solo pensare che lei sarebbe riuscita in
quel compito?
Prima
che si riprendesse e potesse solo immaginare di protestare, Naaria
proseguì.
“Naturalmente
non sarai sola, sappiamo benissimo che non hai sufficiente magia, e
nemmeno Drevion da solo ce la farebbe. Per questo entriamo in gioco
noi guaritori.”
Amor
era ancora più scioccata. E ora cosa c'entravano loro? Non potevano
certo combattere!
“Noi
ti trasmetteremo il nostro potere”, proseguì Naaria. “Drevion mi
ha detto che voi sapete come accedere alla fonte di un' altro mago.
La magia dei guaritori è molto simile alla vostra, quindi con un
minimo di esercizio potrai essere in grado di prelevarla da noi.
Saremo la tua forza. Ti sosterremo.”
L'elfa era ancora completamente sconvolta. Sapeva che in teoria quella era una cosa fattibile, ma in pratica era molto difficile e pericolosa.
L'elfa era ancora completamente sconvolta. Sapeva che in teoria quella era una cosa fattibile, ma in pratica era molto difficile e pericolosa.
“Questa
operazione richiede la mia presenza in prima linea perché se sarò
troppo lontana sprecherò inutilmente energia per mantenere lo scudo,
inoltre non potrete essere troppo distanti, perché nello spazio che
corre tra voi e me il potere andrebbe perso”, ritrovando la parola,
espresse i suoi dubbi.
“Ragul
ha già pensato a come tenerti al sicuro. Ti affiderà alle cure di
uno dei suoi draghi più forti, lui ti proteggerà e tu potrai
concentrarti completamente sul tuo compito. Dovrai proteggere gli
incursori il tempo necessario ad oltrepassare gli sciamani, che nel
frattempo saranno attaccati dai draghi”, Naaria era preparata a
quelle domande. “E noi saremo nascosti in una piccola caverna
riparata e sicura, ma vicinissima al punto dove ti troverai. Anter ha
già spedito alcuni gruppi di esploratori in avanscoperta e ha
trovato il punto adatto.”
Amor
si sentiva frastornata. Drevion le aveva rovesciato sulle spalle un
peso enorme e solo in quel momento se ne rendeva conto.
I capitani stavano ponendo tutto nelle sue mani. Se avesse sbagliato qualcosa, centinaia di elfi si sarebbero trovati indifesi contro gli attacchi magici del nemico e ne avrebbero pagato le conseguenze.
Amor
sapeva come lanciare uno scudo, ed era in grado di manipolarlo molto
bene per adattarlo ai vari attacchi che potevano esserle lanciati
contro. Forse era l'unica cosa in cui veramente eccelleva. Ma un
conto era alzare una barriera e proteggere se stessa, un altro
coprire un' intero schieramento.
“Di
quanti elfi sarà formata la squadra di incursori?”, le parole le
uscivano dalla bocca in modo metallico, come se fosse un automa.
“Saranno
venticinque dei più forti. Si tratta di una squadra addestrata
personalmente da Athlon, sono molto più tosti dei normali
spadaccini. Athlon si fa vanto della sua squadra e gli ha dato un
nome: Horvat. Li ha scelti uno ad uno.”
Venticinque!
Era peggio di ciò che aveva immaginato. Era uno sforzo immane.
Avrebbe dovuto creare uno scudo per ognuno di loro, e tenerli attivi
e funzionanti tutti contemporaneamente; sarebbe stato difficilissimo.
Inoltre
doveva pensare ad un modo per permettere ai draghi di uccidere gli
sciamani, che di sicuro, incoraggiati dalla notizia dell'assenza di
maghi nell'esercito degli elfi, non si sarebbero protetti contro la
magia, bensì contro di loro dato che erano l'unica vera minaccia.
Però
i draghi sarebbero anche stati tenuti impegnati dalle viverne!
La
mente di Amor correva frenetica. Doveva trovare un modo che
permettesse loro di liberarsi velocemente da quelle bestiacce.
“Avete
pensato ad un modo per far arrivare i draghi dagli sciamani?”,
chiese, sforzandosi di mantenere un tono neutro e non lasciar
trapelare il terrore che la stava invadendo.
“Purtroppo
non abbiamo ancora avuto nessuna idea. Drevion su quel punto non ci
ha voluto dare nessun aiuto. Ha detto che avresti trovato la
soluzione a te più congeniale.”
Amor
non riusciva più a stupirsi di nulla.
“Come
può il Maestro chiedermi questo? Io sono solo una maga mediocre, e
so poco di battaglie, incursori e draghi”, il muro di tranquillità,
che aveva faticosamente cercato di mantenere, era crollato. Grosse
lacrime le scesero lungo le guance e il panico le fece tremare tutto
il corpo.
Era
troppo. Non potevano chiedergli quello. Si sarebbe sporcata del
sangue di molti elfi, dato che non era in grado di fare una cosa
simile. Perché Drevion l'aveva messa in quella situazione?
Naaria
le si fece vicina, le prese le mani e le sollevò il viso
asciugandoglielo con un piccolo fazzoletto.
“Amor
è giunto il momento che io ti riveli una cosa.”
La
maga non riusciva a concentrarsi su ciò che la guaritrice stava
dicendo; era completamente nel pallone.
“Amor
ascoltami. Guardami!”, Naaria la scosse leggermente e quando
finalmente alzò gli occhi proseguì. “Io conoscevo tua madre molto
bene.”
Quella
frase la lasciò interdetta e il suo cervello finalmente si focalizzò
sull'altra.
Sua
madre era morta quando lei aveva centocinquanta anni. Durante la
stessa battaglia in cui era morto il padre di Naaria.
“La
conobbi all'età di trentanni, me la presentò mio padre. Amor tua
madre fu il mio maestro.”
Amor
non poteva credere alle sue orecchie.
Suo
padre era un comune elfo senza poteri particolari, invece sua madre
era stata una grande guaritrice e ricordava che aveva avuto un'
allievo, ma non ne parlava mai a casa, quindi non aveva mai saputo di
chi si trattasse.
“Devi
sapere che durante tutto il mio addestramento non ha fatto altro che
parlarmi di te. Sperava tanto che tu potessi vivere una vita
tranquilla e infatti era molto felice nel vedere che crescendo non
mostravi nessun segno di poteri particolari”, il tono di Naaria era
molto dolce, quei ricordi dovevano essere davvero felici. “Era un'
ottimo insegnante e mi aiutò molto. Ho passato veramente dei bei
momenti con lei, le volevo molto bene. Poi purtroppo fummo chiamate
dall'esercito. Tua madre era un'ottima guaritrice e in quel periodo
eravamo essenziali. Per quello fui chiamata anche io, nonostante la
mia giovane età. Purtroppo nella solita battaglia in cui morì mio
padre persi anche il mio maestro”, la voce di Naaria si fece
triste.
“Mentre
stavo inutilmente cercando di salvare mio padre, un battaglione
nemico arrivò ed attaccò l'accampamento dove eravamo stati
alloggiati noi guaritori, facendo una strage. Io non ne rimasi
coinvolta perché ero ancora nella tenda di mio padre, a piangere
disperata la sua morte. Mi riscossi solo quando sentii le grida dei
guaritori. Uscii e mi precipitai per prestare soccorso, ma arrivai
troppo tardi. Il battaglione si era già ritirato; avevano dato fuoco
a tutto e ogni singola tenda bruciava, nessuno riuscì a salvarsi ”
Amor conosceva bene quella storia, quando l'esercito si era reso conto di cosa era successo ormai non c'era più niente da fare, non era rimasto nemmeno un corpo da restituire ai familiari. Quella battaglia fu una disfatta totale.
Amor conosceva bene quella storia, quando l'esercito si era reso conto di cosa era successo ormai non c'era più niente da fare, non era rimasto nemmeno un corpo da restituire ai familiari. Quella battaglia fu una disfatta totale.
“Ti
ho raccontato questo, non per farti rivivere un dolore passato, ma
per spiegarti che io credo in te. Quando ti guardo rivedo la mia
maestra. Vedo lo stesso sguardo combattivo, coraggioso e fiero. Non
ti arrendere alla paura. Tu puoi farcela col nostro aiuto. Troveremo
insieme un modo per far arrivare i draghi dagli sciamani. Sono sicura
che ci riusciremo”, Naaria le strinse le mani e in un gesto
completamente imprevisto la attirò a se e la abbracciò forte.
“Anche se ti ho conosciuta da poco ti considero come la sorellina
che non ho mai avuto. Ti proteggerò e ti sosterrò. Credi in te
stessa e vedrai che le cose andranno bene”
Amor
si sentì riscaldare da quelle parole. Il panico lentamente stava
scivolando via dalla sua mente.
“Grazie
Naaria”, riuscì a dire ricambiando l'abbraccio.
Nella
tenda ora erano presenti nuovamente tutti i capitani e Amor sedeva
vicino a Naaria.
Si
sentiva un pochino più tranquilla anche se l'enormità del suo
compito la schiacciava ancora.
“Dobbiamo
trovare assolutamente un modo per mandare i miei ragazzi contro quei
luridi!”, tuonò Ragul.
“Si,
ma come possiamo fare? Un gruppo di draghi non passa certo
inosservato. Siete un po' voluminosi”, scherzò Anter, che dopo
aver parlato con Drevion si era rilassato.
“Amor
sei in grado di renderli invisibili?”, le chiese Mastat girandosi
leggermente verso di lei.
L'elfa
aveva un'aria annoiata stampata sul faccino. Sia la sua corporatura
che il suo viso facevano pensare più ad un bambino che ad un' elfa
adulta e letale.
Aveva
lineamenti poco femminili, e portava i capelli così corti che vista
da lontano sembrava proprio un maschio. Oltre che sembrare molto più
giovane di quello che era, la sua piccola statura e la sua magrezza,
non facevano certo pensare che quello potesse essere il capitano
degli assassini.
“No
mi dispiace, l'invisibilità è una magia così potente che forse,
solo il Maestro Drevion in persona potrebbe provare a usarla e
comunque non su un numero così nutrito di draghi, al massimo
potrebbe funzionare con due o tre”, era circa un'ora che Amor
rispondeva alle varie domande poste dai capitani sui limiti che aveva
la sua magia e in quell'ora non erano ancora riusciti a risolvere il
problema di far arrivare i draghi sugli sciamani, senza che fossero
attaccati dalle viverne e quindi distratti.
“Parlatemi
delle viverne. Quali sono i loro punti forti e le loro debolezze?”,
chiese ad un tratto, guardando negli occhi Ragul.
“Sono
le sorelle brutte e ignoranti dei draghi”, gli rispose Anter.
Ragul
gli mollò un pestone su un piede, che lo fece ululare e saltellare
per tutta la stanza.
“Le
viverne sono lucertole giganti, hanno solo due zampe posteriori, il
corpo è ricoperto di piccole squame non troppo rigide, che permette
agli artigli dei draghi di dilaniare le loro carni facilmente. Sono
di dimensioni molto inferiori al più piccolo dei miei, ma possono
sbranare un elfo adulto senza problemi”, Ragul sottolineò l'ultima
frase fulminando con lo sguardo Anter, che intanto si era portato a
distanza di sicurezza da lui. “Hanno denti aguzzi, ma la cosa più
pericolosa è la coda, lunga e vigorosa, che termina con una punta
acuminata e velenosa. Non possono sputare fuoco, quindi sono
utilizzate solo nei combattimenti ravvicinati, oppure in gran numero
contro i draghi. Le viverne sono poco intelligenti e quindi uno
scontro tra una di loro e un drago non dura nemmeno un minuto, però
se attaccano in gruppo danno diversi problemi”, Ragul si guardò in
giro e proseguì. “Il veleno che hanno sulla coda non è mortale,
serve per immobilizzare la preda, quindi quando una viverna riesce a
pungere un drago, la parte che viene colpita si paralizza.”
“Capisco.
Quindi se la viverna riesce, per esempio, a colpire un'ala il gioco è
fatto, giusto?”, cominciava a comprendere come potessero essere
fastidiose quelle bestie.
“Si
brava, hai centrato il punto”, Ragul passeggiava nervosamente per
la tenda. “Dobbiamo trovare un modo per proteggere i miei ragazzi,
se riusciremo ad avventarci sugli sciamani poi tutto sarà più
semplice”, proseguì senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“Se
vengono messi fuori combattimento poi per noi sarà facile ingaggiare
battaglia. Asplie, tu porterai i tuoi arcieri sopra la grotta dove
staranno nascosti i guaritori, così quando sorgerà il sole, gli
avversari saranno accecati e voi potrete attaccare e sfoltire un
pochino le fila nemiche”, fu Athlon a prendere la parola in quel
momento. Aveva già messo a punto un buon piano, sempre presumendo
che Amor sarebbe riuscita nel suo incarico.
“Si,
mi sembra una buona idea, e così sarò vicina a Naaria e potrò
proteggerla in caso che il nemico si accorga di qualcosa”,
acconsentì Asplie che aveva completamente abbandonato la sua aria
materna.
“Ci
servirà l'aiuto di tutti. Tu Simir porterai le spie che hai con te
oltre la catena montuosa, e mentre noi sferriamo il nostro attacco ti
occuperai di impedire loro la fuga. Quanti uomini hai a tua
disposizione?”, proseguì Athlon che sembrava determinato a non
lasciare superstiti.
In
quel momento Amor lo guardò più attentamente, non si era mai
soffermata molto sull'alto Capitano degli spadaccini, ma vedendolo
non poteva non concordare con le voci che circolavano su di lui.
Atletico e muscoloso al punto giusto era un'elfo dalla bellezza
mozzafiato. Corti capelli biondi e spettinati incorniciavano un volto
scolpito, che trasmetteva un carattere deciso. Due grandi occhi verdi
che incutevano rispetto e ammirazione riempivano il viso ingentilendo
una bocca dal sorriso disarmante, e il tutto veniva completato da un
naso impertinente facendo risultare l'insieme armonioso ed
estremamente affascinante.
“Ho
dieci spie nell'accampamento, più io undici, dovremo partire presto
per poter attraversare le montagne”, rispose Simir, che non
sembrava per niente stupito del compito che gli era stato affidato.
“Bene...
Pain!”, Athlon, richiamò l'elfo che era uscito momentaneamente
dalla tenda chiamato da uno dei suoi segugi. “I tuoi hanno scoperto
qualcosa?”
“Si,
hanno individuato diverse vedette ed esploratori nemici”, rispose
Pain rientrando.
“Bene,
digli che si occupino di tutte quelle che trovano.”
“Ho
già dato l'ordine, appena finita la riunione andrò a caccia anche
io”, gli occhi di Pain divennero ancora più neri e foschi.
“Che
cosa ne dici se io e i miei assassini ci uniamo a te in questa
battaglia?”, chiese Mastat allo spadaccino.
“Mi
farebbe molto piacere, però voglio che venti di loro si mettano a
protezione di Asplie e soprattutto di Naaria, non voglio brutte
sorprese, e voglio che Asplie sia completamente concentrata sul
nemico senza dover pensare ad altro”, Athlon guardò compiaciuto
Mastat, sapeva che averla vicino in battaglia sarebbe stato
tutt'altro che un impiccio, i suoi assassini erano letali anche in
campo aperto, e sarebbero stati perfetti per proteggere i guaritori,
così non avrebbe dovuto rinunciare a nessuno dei suoi ragazzi.
“Bene,
ora rimane solo da stabilire come togliersi di mezzo quelle stupide
viverne”, disse Anter. Lui e i suoi non avrebbero combattuto
apertamente, ma avrebbero contribuito ad uccidere qualunque nemico
avessero incontrato mentre perlustravano la zona.
Amor non seguiva già da un po' ciò che i capitani stavano dicendo, un dettaglio di quello che Athlon aveva detto le era rimasto in testa e un'idea stava prendendo forma nella sua mente.
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